Sembra quasi un paradosso pensare e pesare il valore del tempo in base alla sua mancanza ma è esattamente quello che accade quando la nostra vita comincia ad affollarsi di impegni lavorativi e personali. La maggior parte delle volte avviene senza un reale controllo da parte nostra e travolti dalla frenesia del mondo che ci circonda, non possiamo far altro che adattarci.
Scrivendo mi capita spesso di parlare di me e di come lavorare mi abbia portato a cambiare il mio modo di ragionare e vedere le cose ma pensandoci bene, ha soprattutto cambiato il mio modo di percepire e comprendere l’importanza del tempo sia in termini di quantità che di qualità.
Rispetto a quando studiavo, il tempo a mia disposizione per fare le cose è diminuito drasticamente. Nonostante la giornata lavorativa di 8 ore, il tempo che una volta mi sembrava tanto e potevo gestire un po come mi pareva (“studio domani, oggi non ho proprio tempo”, “oggi aprono il nuovo centro commerciale. Dai faccio una pausa di un’oretta e vado a vedere”) ora non sembra mai abbastanza. Tra la consegna di un progetto ed un’altra, le giornate si susseguono ad un ritmo tale, che mi sembra impossibile siano già passati 2 anni da quando ho iniziato a lavorare.
Conseguentemente ad una diminuzione di quantità, il tempo è cambiato molto anche in termini di qualità. I due fattori, essendo strettamente collegati, si influenzano a vicenda.
Praticamente parlando, quando il tempo scarseggia e ci sono tante cose da fare, si tende a trovare la soluzione più efficace possibile per “ottimizzare”, semplificare il più possibile le lavorazioni ed i processi, ricavando in questo modo dell’ulteriore tempo per fare dell’altro.
Come un cane che si morde la coda, sono involontariamente entrata in una spirale infinita dove, concedersi del tempo per riflettere o più in generale per se stessi, è molto più difficile.
Il mondo sta cambiando ed immersi in una società dove, a differenza di 50 anni fa, la tecnologia è ormai parte del nostro vivere quotidiano, anche i potenziali momenti in cui potremmo non pensare a nulla o banalmente annoiarci, stanno pian piano scomparendo lasciando spazio alla frenesia del fare. Mi viene da sorridere perché, ora che ci penso, non ricordo l’ultima volta che mi sono annoiata.
Come per tutte le cose della nostra vita, che siano materiali o astratte, ci accorgiamo della loro importanza proprio in relazione alla loro assenza. Capovolgendo il punto di vista, un esempio banale ma significativo per capire come effettivamente la quantità possa ridurre o addirittura far scomparire il piacere fisico/psicologico di una persona, è il seguente: pensate al vostro cibo preferito.
Ora immaginate che da questo istante e per il prossimo mese voi dovrete mangiare tutti i giorni il vostro cibo preferito. Vi posso garantire che dopo un mese e mezzo quello che una volta poteva essere il vostro cibo preferito non lo sarà più e con ogni probabilità diventerà il vostro peggiore incubo. L’esempio serve per comprendere l’enorme valore che la quantità ha nelle nostre vite e di come questa, per essere “tollerata”, debba essere inversamente proporzionale al piacere. Il vostro cibo preferito è tale perché viene mangiato nella giusta quantità. Quando viene a mancare la giusta misura quantitativa il piacere per quella cosa, cibo, persona, o passione che sia, lentamente scompare.
Eccoci dunque ritornati al punto di partenza, il tempo ed il valore che gli viene attribuito in relazione alla sua presenza o assenza.
In una società, dove il tempo è finito per diventare la valuta corrente con cui le persone vengono pagate per il proprio lavoro, comprendo come sia sempre più importante ritagliarsi dei momenti per se stessi e “staccarsi dal fondo” non facendosi trascinare dalla corrente dell’acqua né ponendovi resistenza, ma trovando un modo per uscirne e vedere il fiume (in cui si era immersi fino ad un attimo prima) da un punto di vista diverso.
“È una questione di punti di vista: come gli aquiloni, che pensano che la terra sia attaccata al filo.” Enzo Iacchetti |