Da Director dell’area Digital Marketing di Intesys, non posso rimanere insensibile alla tematica del Digital Workplace.
Che la qualità e la tipologia dell’ambiente di lavoro abbiano un influsso diretto sul benessere e sul rendimento dei lavoratori, è ormai generalmente riconosciuto.
Il passaggio successivo, secondo le ricerche di Gartner, è che si possa creare valore di business sfruttando ed incoraggiando l’abilità “digitale” dei collaboratori.
A dirlo sembra davvero scontato, ma in realtà non lo è.
Quante aziende non “sfruttano” le abilità personali dei propri collaboratori, semplicemente perché il loro ruolo non lo prevede? O perché i processi e le tecnologie presenti nell’ambiente di lavoro non permettono di mettere a frutto capacità e conoscenze?
Creare un Digital Workplace può ormai non rappresentare più una scelta ma una necessità, perché:
- Molti impieghi oggi richiedono un utilizzo pervasivo della tecnologia, che appare in continua crescita.
- Molte organizzazioni si stanno indirizzando verso un modello di business digitale, che richiede alla maggior parte dei collaboratori di prendere parte alla catena di valore.
- Chi è più veloce ed abile nello sfruttare le nuove tecnologie, sarà anche quello che avrà maggior vantaggio competitivo. E, visto che l’evoluzione tecnologica è inarrestabile, il gap non potrà che crescere.
La strada più breve e vincente per agevolare questo processo è utilizzare – dove e come possibile – anche nel luogo di lavoro le tecnologie che le persone usano nella loro vita privata: è il famoso concetto della “consumerizzazione”.
Se i nostri collaboratori conoscono ed utilizzano perfettamente le tecnologie nella loro quotidianità, e se queste possono tornare utili anche nella vita lavorativa, perché non sfruttarle?
Così facendo, la soddisfazione è duplice: per l’azienda, che può acquisire un vantaggio. Per i lavoratori, che si sentono valorizzati, e quindi possono restituire la propria riconoscenza in termini di flessibilità, responsabilizzazione, passione.
Un ambiente di lavoro così “consumerizzato” stimola l’impegno dei collaboratori, facilitandoli nell’affrontare le sfide lavorative, poiché attorno a loro hanno un universo dinamico in mutamento, che si traduce in:
- Accessibilità alle tecnologie più svariate, a seconda dell’obiettivo da raggiungere.
- Macchine “intelligenti” a propria disposizione.
- Possibilità di usufruire della professionalità di collaboratori freelance.
- Modelli decisionali agili, che abbattono le gerarchie e permettono di velocizzare i processi.
- Richiesta della capacità di ricoprire ruoli diversi e aumentare il margine di responsabilità.
C’è uno stretto legame tra la capacità di abbracciare questo trend e quello di generare passione ed attaccamento nei collaboratori:
- Una infrastruttura di questo tipo sicuramente disegna la loro vita lavorativa sulla base delle loro caratteristiche.
- Permette un maggiore riconoscimento del contributo di ognuno, attraverso un ambiente più aperto e “social”.
- Promuove un processo in cui l’apprendimento e l’acquisizione di conoscenze non hanno mai fine e si accompagnano allo sviluppo di attività e progetti.
Non vorrei apparire trionfalistico nei toni: indubbiamente i lati positivi sono molteplici, ma il Digital Workplace non è la panacea di ogni male. Inoltre, creare i presupposti perché si verifichi uno scenario come quello appena delineato è molto più facile da dire che da realizzare.
Tra le principali criticità, senza dubbio bisogna considerare che un simile panorama prevede una accordo tra le svariate aree aziendali: dall’IT alle Risorse Umane, fino al marketing e alla comunicazione.
Ciononostante a mio avviso è un modello non al quale solo bisogna tendere, ma che diventerà sempre più necessario per le aziende che vogliano creare e mantenere vantaggio competitivo.