In un mondo sempre più interconnesso, dove il confine tra fisico e digitale diventa sempre più sottile ed impercettibile, l’esperienza utente cambia.
Sempre più spesso, nel corso della nostra giornata, ci capita di completare compiti attraverso l’utilizzo di più media.
Acquistare un abito online, precedentemente visto all’interno di un negozio lungo il corso principale della propria città, oppure decidere di comprare un nuovo cellulare online dopo averlo visto e provato in uno store fisico: sono tutte operazioni che vedono l’impiego di molteplici strumenti posti ed utilizzati in contesti differenti.
Tutto questo genera fenomeni cosiddetti di cross medialità, ovvero di continua transizione tra online e offline, dove la fruizione di un bene o servizio comporta il relazionarsi con più dispositivi in ambienti differenti.
Questo ampliamento degli orizzonti porta ad un cambiamento anche nella modalità di progettazione e strutturazione delle informazioni. Progettare esperienze cross mediali vuol dire essere in grado di superare i confini tra i vari media (con i loro metodi di utilizzo), portando l’esperienza utente ad essere sempre più fluida e coerente.
Si vengono così a creare le cosiddette “esperienze ponte” dove l’utente, attraverso l’utilizzo di strumenti differenti ma mantenendo una continuità esperienziale, passa da un contesto ad un altro per perseguire un unico obbiettivo.
Partendo da questi concetti, gli esperti Luca Rosati ed Andrea Resmini hanno realizzato un manifesto di 7 punti che sintetizza molto bene quali sono gli effetti e i cambiamenti che comporta la cross medialità applicata all’architettura dell’informazione.
1) Le architetture statiche sono rimpiazzate da architetture dinamiche
In uno scenario di media e contesti fittamente intrecciati non è più possibile concepire alcun item come un’entità a sé stante, ma come parte di un ecosistema in cui ciascun elemento intrattiene molteplici rapporti con tutti gli altri.
2) Gli utenti divengono intermediari
Sono cioè parte dell’ecosistema e contribuiscono attivamente alla sua costruzione o ri-mediazione. La distinzione fra autore e fruitore, produttore e consumatore si fa sempre più sottile: il pubblico cessa di avere un ruolo passivo, ma partecipa attivamente al processo produttivo stabilendo nuove relazioni fra items/contenuti (mash-up, aggregatori, social network); suggerendo dal basso nuove proposte o stimoli; collaborando al processo produttivo stesso (wiki, blog, community, economia della partecipazione).
3) Le architetture statiche sono rimpiazzate da architetture dinamiche
La dinamicità può essere intesa in due modi. Da un lato, vi è la capacità di queste architetture di aggregare (o ri-aggregare) contenuti che fisicamente risiedono altrove e che sono stati concepiti inizialmente in modo indipendente l’uno dall’altro (aggregatori, mash-up ecc.). Dall’altro, il ruolo attivo degli utenti-intermediari rende queste architetture perennemente in divenire, aperte a continue manipolazioni non prevedibili.
4) Queste architetture dinamiche sono architetture ibride
Abbracciano differenti domini (fisico, digitale, misto), entità (informazioni, oggetti, persone) e media. È la trasposizione su un altro piano del punto precedente. Così come sfumano i confini fra produttore e consumatore, allo stesso modo si assottigliano quelli fra media, generi e contesti (fisico vs digitale) differenti.
5) In queste architetture, la dimensione orizzontale (l’associazione o correlazione fra elementi) prevale su quella verticale (la subordinazione gerarchica fra gli elementi tipica delle tassonomie tradizionali)
Se le strutture si fanno aperte e mobili, diventa sempre più difficile mantenere modelli gerarchici, mentre tende a prevalere la correlazione spontanea (ed estemporanea) da parte degli utenti-intermediari.
6) Il design di artefatti evolve verso il design di processi
Se ogni elemento (contenuti, prodotti, servizi) è parte di un ecosistema, allora il fuoco si sposta dal design di singoli artefatti verso il design di esperienze o servizi che abbracciano una rete di elementi. L’esperienza d’acquisto, ad esempio, non inizia e e termina nel punto vendita, ma può cominciare su un medium tradizionale (un annuncio su carta o in tv), proseguire sul web (consultato a casa o in mobilità per approfondire le informazioni iniziali), transitare nel negozio fisico e terminare ancora sul web (assistenza, download di aggiornamenti, collegamento ad altri dispositivi ecc.).
7) Tali processi definiscono user experience cross-mediali
Ovvero esperienze che attraversano molteplici media e contesti.