Investimento in innovazione
Devo tornare in forma… mi metto a dieta, faccio attività fisica ed è fatta. Poi, ogni tanto, salgo sulla bilancia per vedere come va. Ma tanto non serve la bilancia, vedo i buchi della cintura. Se stringo ok, se allargo beh… non funziona!
Sembra la storia delle nostre aziende, nei nostri progetti innovativi, quei nuovi progetti che i manager portano in azienda finanziandone la partenza per poi abbandonarli consegnandoli a collaboratori senza budget, strumenti e titolo per controllarne la performance e governarli con qualche azione correttiva. Forse, sarebbe stato meglio non fossero mai nati. Soldi buttati via, appesantimenti inutili.
Sentivo due numeri giusto alcuni giorni fa, riguardanti le aziende che dichiarano di fare innovazione:
- Circa l’80% ha definito dei KPI (vi pare buono? A me no!).
- “Ben” il 50% controlla i KPI “di quando in quando”.
- Solo il 18% analizza i dati di performance e ne trae azioni correttive di miglioramento.
Sarebbe meglio non fossero mai nati, quei progetti.
Ma quindi, un investimento, quando è realmente un investimento? Quando i soldi e le energie che ho speso su un’idea (e che spenderò nel futuro seguente il lancio) generano qualche tipo di ritorno, quindi, quando misurabili. Almeno saprò se ho fatto un investimento per guadagnare o un investimento in perdita ma avrò imparato qualcosa (cosa non fare, o fare diversamente!).
Faccio umilmente una piccola lista in 4 punti su come tratterei un progetto in “investimento”:
- Identificazione del bisogno (è il bisogno di migliorare o il bisogno di essere i migliori che chiama l’innovazione).
- Scelta del tipo di innovazione ed implementazione (di prodotto, evolutiva, disruptive, di processo – processo di front-end, processo di back-end, processo omnicanale – altri?).
- Definizione dei KPI su cui fare regolarmente monitoraggio e controllo delle performance (in che giorno si ricorda Santa KPI?).
- Regolare e periodica analisi e identificazione di azioni correttive per raggiungere i livelli decisi per i diversi KPI.
Abitudini e modelli di vendita che cambiano
Fino a giugno 2008 l’iPhone non esisteva ( l’iPhone 3 è stato lanciato a giugno 2008, sì quello con il dorso fatto a saponetta tondeggiante) mentre l’iPad è stato lanciato sul mercato nel 2010. Sempre del 2010 è l’iPhone 4, il primo vero iPhone di massa. Era solo 5 anni fa.
In 5 anni il 50% del nostro tempo online è passato dal desktop al mobile. Negli stessi 5 anni gli acquisti online in Italia sono duplicati, passando da 6.8 a 13,2 miliardi di euro. Oggi quando siamo in negozio, consultiamo il cellulare per vedere se riusciamo a trovare un prezzo migliore per il prodotto che abbiamo tra le mani e stiamo per comperare.
Oggi in Italia (dati Osservatori.NET):
- 38 milioni di utenti attivi online, di questi circa 18 milioni comperano via ecommerce.
- 32 milioni utenti mobile cioè che utilizzano anche lo smartphone per navigare online.
- 70% dei consumatori si informa online prima di fare un acquisto.
- 11 milioni di acquirenti online abituali spendono oltre 1.000 euro all’anno.
- il 78% degli utenti mobile, dichiara di usare lo smartphone in almeno una fase del processo d’acquisto.
In 5 anni …
… in 5 anni – solo 5 anni – si sono affermate abitudini e modelli di scelta prima impensabili. Se non è cambiare abitudini – o più esattamente cambio di costumi – questo… cosa può esserlo?
Innovazione, modelli e futuro del commercio
Pressione competitiva, guerra di prezzo, lotta a chi lancia la migliore novità, modelli di vendita differenti e sempre nuovi. Le aziende stanno colonizzando ogni rettangolo di territorio non presidiato, generando novità e grandi – o presunte tali – occasioni.
Il commercio sta indubbiamente compiendo una doppia evoluzione, ma accanto a cambiamenti che con il loro effetto WOW durano il tempo di una cometa, e non son altro che un “moda” passeggera, ve ne sono altri “strutturali” di ben più sostanziale – e spesso silenzioso – cambio dei costumi. I cambi strutturali – in genere più lenti – sono caratterizzati da “segnali deboli”, spesso non facilmente rilevabili se non a posteriori.
Le innovazioni strutturali vanno quindi cercate con pazienza, tenacia e costanza, lontano dall’effetto WOW. Le innovazioni veramente interessanti e durature vanno coltivate, inseguite e cercate con cura, metodo, sperimentazione, prova e verifica di tenuta per capire se possono davvero essere nuovi modelli di base.
A mio giudizio la domanda guida che dovremo farci è sempre la stessa: “dove starà e come si genererà valore?”.
E aggiungerei:
- Come si valuta e verifica l’esistenza efficace del vero valore?
- Quali sono i modelli che ha senso “virare” e far modificare?
- Come far leva sulle abitudini che cambiano? Quali eleggere a potenzialmente “strutturali” e quali scartare perché sospette di essere “moda” passeggera?
Nel lavorare su queste domande è latente, ma evidente, la necessità di aver rilevato cambiamenti strutturali. Personalmente rilevo, come primo e principale cambiamento, la Multicanalità. E allora: “Multicanalità e Commercio” sarà il tema del mio prossimo post – non ancora scritto e nemmeno pensato – ma senza dubbio un post su un tema strutturale da tener ben presente quando si pensa ad innovazione nel commercio ed integrazione con il digitale.
Multicanalità (secondo me!)
Multicanalità = utilizzo congiunto ed integrato dei canali, il cliente è al centro della nostra attenzione, viene guidato ed accompagnato lungo percorsi progettati in modo da fargli vivere un’esperienza fluida ed indipendente dal canale e dal punto di contatto.
Stay tuned.