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Nel mio precedente articolo ho iniziato ad introdurre l’approccio Inbound che adottiamo nel Team Marketing di Intesys per seguire i clienti nei processi di trasformazione digitale. Questa metodologia si fonda sulla capacità di un brand di farsi trovare da potenziali clienti, di attrarli e di coinvolgerli in un percorso che li porti a trasformare il semplice interesse in una conversione, fornendo loro informazioni e contenuti rilevanti.

Andando nello specifico, in quell’articolo mi sono posto un obiettivo ambizioso: generare lead tramite la pubblicazione di contenuti.

Il problema è chiaro: pubblicare contenuti di qualità è sicuramente una strategia valida per catturare l’attenzione del nostro pubblico di riferimento, ma non è sufficiente per spingere le persone a contattarci.

Quello che si ottiene nella maggior parte dei casi, quando si effettuano strategie di content marketing di qualità, è un notevole aumento dell’interesse verso il proprio sito web / blog / magazine.

Questo avviene perché:

  • Più contenuti di valore si pubblicano, più è probabile che Google se ne accorga e che li valorizzi
  • Un posizionamento capillare su Google, specie per chiavi di ricerca molto mirate, consente un rapido incremento di visitatori in un periodo di tempo anche breve

In assenza di altre strategie ed interventi, l’afflusso copioso di utenti in target diventa il fine e non il mezzo, in un panorama che vede più o meno questo tipo di fenomeno:

  • Le persone arrivano sui nostri articoli
  • Si informano
  • Magari li condividono sui loro social
  • Se va benissimo, si iscrivono alla newsletter
  • Alla fine se ne vanno, così come erano arrivate

Mancano una serie di passaggi fondamentali, ragioniamoci un po’ su.

Quando un utente è pronto ad entrare in contatto con noi?

La prima volta che un utente capita sulle nostre pagine web, probabilmente non è ancora pronto ad entrare in contatto con noi:

  • Potrebbe non avere una chiara consapevolezza di quale sia il suo problema
  • Oppure, pur avendolo capito, potrebbe non aver ancora individuato quale possa essere la soluzione idonea
  • O magari ha identificato una serie di possibili soluzioni, ma non ha ancora capito quale faccia davvero al caso suo

L’utente potrebbe non essere pronto neppure alla seconda volta, o alla terza, o alla quarta e così via. Potrebbe non esserlo mai, per assurdo. Non esistono regole, perché ogni testa funziona in modo diverso rispetto alle altre.

Un tempo si parlava di “Conversion Funnel”, presupponendo che il processo di scelta sia completamente razionale, e che l’utente possa scendere gradualmente di livello, attraversando una serie di fasi fino all’acquisto: semplificando, limitiamoci ad Awareness, Consideration e Decision.

 

Fonte: britanniapress.com

Quale persona reale potrebbe seguire questo percorso pedissequamente?

Nessuno! Come ci spiegano Google e Verto Analytics, non c’è un customer journey uguale all’altro.

L’approfondimento di informazioni relativamente ad un acquisto può avere tranquillamente un andamento schizofrenico, specie nel mondo always on e always connected degli smartphone e dei Social Network.

Come il “Conversion Funnel” può esserci d’aiuto

Se il “Conversion Funnel” è inadeguato a rappresentare la realtà, ci può aiutare moltissimo nell’ideazione della strategia, poiché individua una serie ben precisa di stati mentali.

Giusto per fare qualche esempio:

  • Le persone che sono in fase “consideration” hanno bisogno di un tipo di informazioni molto diverse rispetto a quelle in “awareness” o in “decision”, anche da un punto di vista visuale (grafici e numeri, piuttosto che video o testi)
  • Le persone potrebbero usare device diversi a seconda della propria posizione nel funnel (lo smartphone per ricerche generiche, il desktop per analisi mirate)
  • Le chiavi di ricerca sui motori potrebbero essere completamente diverse: una ricerca generica da mobile (magari fatta a voce) cos’ha in comune con una ricerca specifica da desktop?

Le persone possono saltare in modo incoerente e imprevedibile tra i vari livelli del funnel, ma ciò che conta è essere capaci di:

  1. Essere reperibili per le loro ricerche con le keyword giuste, con le risposte giuste, nel formato giusto, nella piattaforma giusta, con il giusto tempismo
  2. Approfittare di questo primo contatto per creare una relazione continuativa con l’utente stesso, che lo accompagni lungo il percorso verso l’acquisto nel totale rispetto dei suoi tempi e delle sue modalità di approfondimento

Per il primo punto, sono fondamentali le fasi di analisi e content strategy. Le domande che bisogna farsi sono di questo tenore:

  • Ho individuato e descritto correttamente le mie Buyer Personas?
  • Ho identificato quali sono i loro problemi e come il mio prodotto / servizio puoi risolverli?
  • Ho identificato gli step principali del loro processo di acquisto?
  • Ho capito quali sono le loro esigenze in ciascuna fase del processo?
  • Ho ideato un piano editoriale capace di contemplare le problematiche che emergono in ciascuna di queste fasi?

Per il secondo punto, non si può prescindere dai concetti di lead nurturing e marketing automation: due delle fondamenta su cui si basa una seria strategia di Inbound marketing.

Li approfondiremo – come meritano – nei nostri prossimi articoli.

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Alberto Mariutto
Inbound Marketing Strategist

Inbound Marketing Strategist di Intesys, Alberto accompagna i clienti nello sviluppo di progetti di Digital Marketing che siano in grado di raggiungere gli obiettivi di business, e al contempo permettano agli utenti di soddisfare i propri bisogni o desideri.

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