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Il ruolo del brand e del subconscio nel marketing

Uno degli ambiti cui Intesys rivolge da tempo massima attenzione è il Marketing automation. Conosciamo bene HubSpot – una delle principali piattaforme in quell’ambito – e siamo sensibili alle sollecitazioni che provengono dal suo blog. Di recente mi ha particolarmente incuriosito un articolo focalizzato su come i brand riescano a sedurre il subconscio delle persone. Oltre che affascinante, ritengo sia una tematica attuale e molto concreta: ho quindi deciso di approfondirla.

Gli elementi teorici provengono dallo studio effettuato in Seducing the Subconscious da Robert Heath, professore di Teoria della pubblicità  all’Università  di Bath (UK).

Che i brand riescano a sedurre il subconscio delle proprie audience, è evidente.

Per capire come facciano (e come altri non ci riescano), è necessario comprendere il funzionamento della nostra mente.

L’obiettivo di un brand che investe nella pubblicità  è influenzare il comportamento d’acquisto del proprio target. Per raggiungerlo, viene spontaneo pensare che sia necessario creare un messaggio persuasivo, che sia in grado di attirare l’attenzione del pubblico.
In teoria, se questo processo funzionasse, il pubblico dovrebbe valutare i pro ed i contro e la credibilità  del messaggio, e decidere se valga la pena o meno acquistare il prodotto pubblicizzato.

In pratica, cambiare l’opinione di un consumatore non è sufficiente. Se si vuole cambiare il comportamento di un consumatore, bisogna agire sulla sua “attitude”: la sua predisposizione nei confronti di un brand.

Cosa succede quando un utente è sottoposto ad un messaggio pubblicitario?

  1. Bombardato da una molteplicità  di informazioni, gli riserva il grado di attenzione che ritiene più adeguato: attiva o passiva.
  2. La seconda fase è l’apprendimento, che può essere di tre tipi: attivo, passivo, implicito. Quest’ultimo avviene quando la mente processa informazioni continuativamente, senza pensarci in modo attivo.

Erroneamente, si potrebbe pensare che la situazione ideale per un marketer sia parlare ad un utente che offre attenzione attiva e processa le informazioni attraverso un apprendimento attivo. Invece è il caso più rischioso: perchè usare la ragione ci porta ad essere molto critici ed a metterci sulla difensiva.

Bisogna rivolgersi agli utenti che non sono attenti in modo attivo: anche se ignorano il messaggio, ciò non significa che non stiano assorbendo le informazioni. L’apprendimento implicito ci permette di immagazzinare informazioni nella nostra memoria implicita (che è la più vasta e duratura), associandole a concetti e significati.

Come facciamo ad avere utenti con attenzione passiva e che apprendano in modo implicito? La chiave è proporre messaggi pubblicitari emozionali.

 

Come inserire processi decisionali ed emozioni nella propria strategia

Quando vediamo messaggi pubblicitari emozionali, siamo meno attenti rispetto a quelli di tipo persuasivo. Abbassiamo le nostre difese ed i nostri filtri, aumentando le possibilità  che le informazioni vengano processate dalla memoria implicita. I messaggi emozionali difficilmente hanno contro-argomentazioni.

Probabilmente vediamo questi messaggi 30-40 volte, nel corso delle nostre giornate, in momenti diversi e mentre facciamo cose diverse. Il loro audio entra nel sottofondo della nostra vita. Ogni volta che vi siamo sottoposti, viviamo una reazione emozionale a livello subconscio, che si chiama “condizionamento”. Le persone associano al brand emozioni e sensazioni, che entrano in gioco quando prendiamo una decisione d’acquisto.

Le emozioni guidano i nostri processi decisionali, incentivando decisioni positive e prevenendo scelte negative.

Sono le cosiddette “scelte di pancia”: quelle che guidano la maggior parte dei nostri acquisti, fatti con poco tempo a disposizione o senza la voglia di vagliare criticamente e razionalmente tutti i pro e i contro. Tra due brand, scegliamo quello che ci piace di più. Noi non sappiamo perchè ci piace di più, oppure non ce lo chiediamo neppure: sono le emozioni che esso ci suscita.

Quando decidiamo, ci rifugiamo quasi sempre nelle nostre emozioni.

I messaggi dei brand sono appresi passivamente ed implicitamente ed immagazzinati nella nostra memoria implicita. Le emozioni, o le sensazioni a loro associate, influenzano le opinioni su un brand. Queste a loro volta le attitudini, modificando il comportamento d’acquisto.

 

Come unire l’efficacia dell”automazione con la capacità comunicativa del contenuto

Viene dunque spontaneo porsi dunque una domanda: cosa devono fare le aziende per riuscire ad adottare una corretta strategia comunicativa?
La nostra esperienza ci porta ad indicare suggerire questi step:

  1. Avviare una analisi della buyer personas per identificare il macro profilo;
  2. Identificare i bisogni emotivi e comunicativi per valutare meglio il tone of voice più indicato;
  3. Costruire format di contenuto (Testo, visual video, social..) capaci di rispondere al meglio a questi bisogni;
  4. Testare il contenuti con clienti campione per verificarne la corretta impostazione

Tutti questi step saranno efficaci se i messaggi ed i contenuti verranno veicolati non solo verso il profilo utente corretto, ma anche nel momento corretto e con il canale più indicato.
In questo, ci può aiutare molto la marketing automation che ci permette di razionalizzare la logica con cui vogliamo  dialogare con il nostro mercato e allo stesso tempo di personalizzare sempre di più il messaggio grazie a token, smart content e widget.

In conclusione, le emozioni che un brand riesce a generare sono strategici nella creazione di qualunque azione marketing, a patto che venga analizzato e progettato a monte la sua comunicazione.

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Alberto Mariutto
Inbound Marketing Strategist

Inbound Marketing Strategist di Intesys, Alberto accompagna i clienti nello sviluppo di progetti di Digital Marketing che siano in grado di raggiungere gli obiettivi di business, e al contempo permettano agli utenti di soddisfare i propri bisogni o desideri.

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