C’è una domanda che tutti gli imprenditori degli ultimi vent’anni si stanno ponendo di giorno in giorno: la mia comunicazione digitale, in cui sto investendo ogni giorno, mi ripaga? E quanto?
Il quesito mi è tornato in mente in questi giorni, mentre leggevo una grande novità di LinkedIn: la piattaforma social recentemente acquisita da Microsoft ha infatti (finalmente) esteso le proprie capacità di misurare la bontà degli investimenti pubblicitari, rendendo disponibili al pubblico dei nuovi strumenti di conversion tracking. Wow. Ma di che stiamo parlando?
Capire quanto è efficace la nostra comunicazione aziendale sui social network è tra gli obiettivi principali di qualsivoglia azienda che abbia investimenti di comunicazione ramificati. E chi non ne ha, a pensarci?
Non è un azzardo affermare che non esistono (più) realtà che comunicano tramite un solo canale: parliamo di persona, dal vivo, al telefono, in radio, in TV. Il nostro stesso lavoro comunica da sé, perché se è buono sarà oggetto di passaparola da parte dei clienti. Comunichiamo via internet con un sito web, con tre, quattro, dieci canali social, con un ecommerce e con delle DEM, che magari sono anche personalizzate user-by-user.
Insomma, al mondo si comunica tanto, ed è un bene. Ma viste le tante tipologie di contatto che creiamo ogni giorno, risulta difficile capire se le azioni compiute da uno specifico canale portano risultati. Il primo passo con cui partire è il monitoraggio delle performance sui contenuti prodotti:
- Quanti cliccano sul mio annuncio?
- Quante email sono state aperte?
- Abbiamo reazioni positive sui nostri contenuti?
- Il nostro contenuto genera dialogo?
Nell’ambito specifico dei social network, queste domande riescono a ricevere facilmente risposta. Che sia Facebook, Twitter, Google+ o LinkedIn stesso, è facile leggere questi dati anche per un non addetto ai lavori. Ma solitamente, un business orientato al risultato si pone una unica, diversa domanda:
Quante conversioni abbiamo ottenuto?
Questa è, principalmente, la questione chiave su cui deve circolare una buona attività di social marketing. Sebbene clic ed interazioni siano un parametro molto importante da misurare (perché valutano la bontà della comunicazione e l’engagement del pubblico con il brand), la conversione resta quasi sempre il punto di arrivo. Otteniamo una conversione quando un potenziale cliente passa dalla nostra comunicazione social all’obiettivo finale – o quantomeno intermedio – del business, come ad esempio:
- Acquistare il prodotto
- Registrarsi alla newsletter
- Inviare il curriculum
- Compilare il sondaggio
- Aggiungere al carrello
- Abbonarsi ad un servizio
- Visualizzare, conoscere, interagire (anche questo, nella sua ovvietà, può essere un obiettivo!)
È troppo semplice comunicare al CEO della propria azienda o del proprio cliente che l’attività di social marketing ha portato a un po’ di clic o, peggio, un po’ di mi piace (!!!). Quello che conta di più è se l’attività sottostante funziona. Ed è qui che entrano in gioco gli strumenti di conversion tracking come quello recentemente adottato da LinkedIn, o, per Facebook, il più collaudato Facebook Pixel Tracker, che permettono di monitorare costantemente anche questo importante parametro.
Il funzionamento è semplice: un sistema di tracciamento di conversione crea un dialogo costante tra il nostro sito e il social di riferimento, consentendo di capire se e in che numero gli utenti provenienti dai social eseguono l’azione che decidiamo essere oggetto di conversione.
Esempio.
Il mio annuncio a pagamento su LinkedIn porta 10.000 visitatori sul mio sito web. Il mio obiettivo di conversione è la registrazione al sito.
Con il conversion tracking, posso stabilire con certezza che 12 visitatori si sono registrati e 9.988 hanno abbandonato la pagina dopo averla soltanto visualizzata.
Siamo ancora contenti di aver avuto 10.000 clic e qualche like? Soprattutto su LinkedIn, dove l’attività di advertising risulta avere un costo non indifferente, il risultato potrebbe non essere quello sperato.
Il tracciamento delle conversioni è in grado di parlare molto di più dei clic perché ci permette, se gli obiettivi vengono raggiunti, di ragionare meglio su come rafforzare ulteriormente la nostra comunicazione; se invece i risultati sono deludenti, i numeri ci suggeriscono cosa migliorare: l’esperienza utente del sito, la qualità del prodotto, la velocità di caricamento delle pagine… la stessa comunicazione social e i target di riferimento! E non solo.
Se abbiamo pensato un percorso complesso per l’arrivo al risultato (es. acquisto ecommerce: aggiunta al carrello -> login o registrazione -> conferma pagamento -> acquisto), possiamo capire dal tracciamento delle conversioni e dagli strumenti di web-analytics il punto in cui gli utenti tendono a perdere l’attenzione e lavorare sul rendere l’esperienza utente di quello specifico passaggio ancora più scorrevole.
Una attività di social media marketing e advertising di qualità, così come la Digital Strategy nella sua interezza, deve poter arrivare a stabilire concretamente il ritorno di ogni investimento: è cruciale per poter costruire e, scegliendo la giusta via, crescere. In questo senso, l’arrivo di una strumentazione così esplicativa anche per LinkedIn non fa altro che offrire nuove potenzialità ad un social network il cui advertising continuava da troppo tempo a frapporre importanti limiti.
Leggendo questo articolo mi è venuto da sorridere pensando a quanti annunci miracolosi da quelli che si spacciano per social media coso su Facebook e poi le loro pagine stesse hanno tipo 300 like da cui togliere mamme, zie, cugini, nonni.